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Strumenti di marketing in tempo di Covid: sguardo al settore vino con Andrea Carpani

Improvvisazione, istintività e mancata programmazione non sono caratteristiche adatte ad una campagna di marketing vincente. Purtroppo per effetto della pandemia abbiamo assistito ad un proliferare di iniziative digital, allo sviluppo di e-commerce, alla nascita di wine-club, talvolta senza grandi basi progettuali, ma bensì per una esigenza “di massa” che in alcuni casi ha prodotto effetti contrari, allontanando il cliente o talvolta lasciandolo insoddisfatto.

Di questo ne abbiamo parlato con Andrea Carpani, ideatore e fondatore di Vendi+Vino, società di consulenza impegnata nello sviluppo di strategie di vendita e promozione per aziende vitivinicole. Nel recente passato ho partecipato ad alcuni seminari online proposti da questa organizzazione in collaborazione con Vinidea e in virtù della formazione di qualità proposta ho interpellato Andrea per questa chiacchierata all’interno della rubrica “7decimi di curiosità”: sette domande ai protagonisti del mondo del vino.


“Il mio percorso nasce come chimico farmaceutico impegnato nel campo delle vendite e successivamente del marketing: ho sviluppato un approccio in chiave promozionale, anche se inizialmente “imprigionato” in relazione ad un settore – quello farmaceutico, ricorda Andrea - che lascia poco spazio ad inventiva e libertà di espressione. Parallelamente è nata la passione per il mondo del vino e la partecipazione ai corsi per sommelier. Frequentando ambienti vinicoli ed osservando attentamente ho notato una comunicazione standardizzata: come immagini per sponsorizzare terrior di un distretto simili se non uguali ad altri consorzi, frutto di iniziative comunicative poco efficaci senza grandi accorgimenti. Ragionando su tali aspetti ho instaurato collaborazioni con alcuni colleghi, professionisti del settore, che circa tre anni fa ha corrisposto alla nascita del progetto “Vendi+Vino”.


1 Un progetto innovativo ed ambizioso che ottiene giorno dopo giorno ottimi riscontri. I numeri dimostrano ciò, giusto?


E’ iniziato un percorso basato su professionalità e competenze nel fornire consulenza alle aziende vitivinicole interessate. Da subito abbiamo lavorato con assiduità proponendo dei webinar/percorsi dedicati ben prima dell’inizio della pandemia. Dapprima del Covid-19 abbiamo lanciato con il team di Vendi+Vino azioni formative online e di buon successo: già dai primi eventi abbiamo raggruppato oltre 80 utenti connessi, fino ai webinar in pieno lockdown sul media company Vinidea con oltre mille iscritti e oltre 800 persone connesse online. La cosa che mi ha fatto più piacere è stato visualizzare il counter di connessioni quasi al termine del collegamento con circa lo stesso numero di utenti connessi inizialmente. Cifre che parlano più di tante parole.

2 Ma parliamo di attualità, quali le priorità per le aziende e quanto è complicato cambiare le “cattive” abitudini in chiave marketing?

Per quanto riguarda il nostro operato una della fasi più complesse per le aziende vitivinicole sta nel posizionarsi, ovvero mostrare una chiara idea differenziante che riesca a staccarsi dall’uniformità dei “concorrenti sul territorio”. Qualcuno cerca di trovare conforto e stabilità aderendo a consorzi, scelta peraltro corretta ma non sufficiente: tradotto, se sei piccolo e puoi trarre inizialmente dei vantaggi devi comunque porre attenzione ai limiti che questo comporta ovvero essere associati al nome di un vino, ad un territorio, alla denominazione rischia di far perdere di vista il fattore di “unicità” del produttore. Sul quale ognuno può esprimere gran parte del potenziale. Altro fattore sul quale insistiamo in maniera decisa è quello di riuscire a diventare “padroni” dei dati degli utenti: è uno dei mantra di Vendi+Vino. Sia di persone soltantointeressate sia di chi è già cliente. Questo permette di individuare azioni da innescare al fine di avvicinare ulteriormente gli utenti, puntando su fedeltà, strategie di vendita e comunicazione. Troppo spesso ho assistito a mordi e fuggi, incontri commerciali casuali, non supportati da azioni volte a coltivare e consolidare i rapporti. Cambiare è possibile. Ci vuole un approccio professionale: stimolare attraverso studio e dati reali.


3 Ma veniamo ad alcune osservazioni raccolte nel corso del primo lockdown. Ho assistito ad un rapido sviluppo dei canali di vendita online diretta da parte di numerose aziende: questo ha generato strumenti di commercio web, ma talvolta ho trovato scarsa organizzazione in chiave logistica, tempi di attesa molto lunghi. Pare che questa corsa contro il tempo abbia fatto perdere di vista la progettualità e abbia accelerato la creazione frettolosa di e-commerce aziendali. Un canale gestito in maniera superficiale può essere un boomerang considerata l’efficenza di diverse enoteche online già consolidate sul web?


Partiamo dal presupposto che ovviamente sono totalmente a favore della vendita di vino online, ma con altrettanta decisione posso affermare che nella maggior parte dei casi l’attenzione da parte delle aziende è focalizzata sull’aspetto sbagliato. Tutti sono convinti che per vendere vino online ci sia bisogno di un e-commerce del marchio dedicato: la vera sfida sta nell’intercettare la fetta di clientela interessata a quella tipologia di acquisto ed eventualmente indirizzarla sul canale e-commerce di riferimento per la vendita del proprio vino. Concordo con la tua breve analisi, anche se il discorso, più ci si addentra più è ampio. Ci sono dei pro e dei contro alle diverse scelte aziendali. Se l’azienda decide di appoggiarsiad un portale conosciuto, di grande traffico, già brand nel mondo della vendita di vino online (come ad esempio Tannico, Vino.com, ed altri) sicuramente vi è più facilità di accesso ad una platea di persone in target che sono già loro clienti, ma si hanno due grossissimi problemi: 1 – si è in mezzo agli altri in un marketplace indifferenziato e quindi la battaglia – se non si è brand affermati – rischia giocarsi a spiccioli sul prezzo 2 – non si riesce ad ottenere i dati degli utenti utili per tentare rivendite e rimanere in contatto. Considerato ciò la voglia di aprire uno shop aziendale dovrebbe essere certa, ma vi sono aspetti da vagliare con attenzione. Se il portfolio aziendale è di poche tipologie di bottiglie non si può pensare di sviluppare qualcosa che possa competere con le enoteche online di cui parlavamo prima, soprattutto per quanto riguarda la scelta del prodotto. In sintesi credo che invece di focalizzarsi sullo strumento, inteso come piattaforma e-commerce, sia più redditizio valutare il tipo di investimento nel medio lungo periodo, le modalità di coinvolgimento degli utenti, dove andarli a trovare, sviluppando ad esempio i social per l’online tenendo conto che fra un po di mesi si potrà tornare a vivere esperienze conviviali. E anche in tal senso investire per portare online i rapporti consolidati offline, giungendo cosìai dati personali al fine di studiare strategie dedicate. Azioni dunque che vadano in questa direzione più che un’unica concentrazione su uno strumento che in solitaria rischia di non portare al risultato sperato.


4 Rimanendo ai veloci cambiamenti avvenuti nell’ultimo periodo ho notato anche un rapido sviluppo dei profili social aziendali, ma anche in questo caso spesso la ricerca di un impatto immediato senza una vera impronta. Ma non solo: più di qualcuno gioca la proprio immagine affidandosi a “wine influencer” dotati di scarsa professionalità, con annesso dispendio di risorse.


Nella maggior parte dei casi succede che “micro influencer” arrivino alle bottiglie in maniera gratuita per una sponsorizzazione della stessa, altri invece si fanno pagare per questo, in molti casi senza nessun tipo di ritorno per le aziende. Purtroppo come in tutte le situazioni che evolvono rapidamente - come tuttora nel corso della pandemia - succede che si verificano azioni scomposte. Parecchi si sono tuffati nel mondo del web in maniera superficiale, senza porre attenzione a cosa siano i benefici ed i ritorni di immagine, oltre che il reale guadagno. Essere online perché ci sono anche gli altri non è la soluzione alle reali esigenze. Vedo pagine social soltanto con gli auguri delle varie ricorrenze: buon Natale, buon anno e buona Pasqua, prive di contenuti. Il tutto buttato li senza nessuna analisi, valutazione, progettualità. Il ritorno di immagine negativo di una gestione azzoppata di questi profili va ben oltre le geniali aspettative di chi ha improvvisato queste comparsate.


5 Altra cosa che ha proliferato nell’ultimo anno è il lancio dei “wine-club”. Puoi aiutarci a capire meglio cosa sono, come funzionano e se vi sono modelli simili già attivi al di fuori di questo settore?


Il club da come lo ho sempre studiato e approfondito è qualcosa che nasce in qualunque settore per fidelizzare gli utenti. L’idea di club o membership nel vino ha una serie di vantaggi e svantaggi: anche questo fenomeno ricalca il caso precedente dello shop e-commerce. Tante aziende con le quali collaboro sono focalizzate inizialmente sulla creazione di un club per far si che la gente si senta più vicina allo scopo di acquisire nuove vendite. In questo caso cerco di invertire il trend di pensiero: perché devo fare un club? Cosa posso fare affinché il club sia intrigante per l’utente? L’utente trova interesse nelle iniziative del club o sono standardizzate? Ecco negli USA i wine-club sono più frequenti. Da quelle parti èun onore essere parte di un club: anche per una questione di abitudine culturale essere membro di un associazione conta forse qualcosa in più che da noi. Per cui, giugno al dunque, non basta mettere in piedi un club per avere una flotta di iscrizioni e conseguentemente di nuove vendite. L’indicazione primaria è senza dubbio quella di creare una strategia a lungo termine: troppo spesso nascono progetti estemporanei che smaltiscono in fretta freschezza, idee e qualità. Una semplice newsletter non è abbastanza.


6 Quindi in sostanza la partita va giocata non solo sull’istituzione ma sulla programmazione, giusto?


Esattamente. Come lo organizzo? Come posso attrarre l’utente? Riesco ad avere un feedback sulla soddisfazione del cliente? Dispongo della forza necessaria per mettere in campo investimenti idonei? Ho il tempo da dedicare a questo nuovo progetto? Sono queste alcune delle vere priorità. Non può essere soltanto uno sconto che ogni tanto arriva in posta elettronica a rendere davvero interessante questo strumento. Sentirsi al centro di una esperienza, essere coccolato dall’azienda sono sensazioni importanti che richiedono grande attenzione. Sono passi importanti da muovere con estrema attenzione e, ripeto, grande capacità di progettualità. Il club è sinonimo di esclusività: non basta una pagina del sito web per far diventare l’utente un “nuovo amico”. No, non è sufficiente.


7 In chiusura tornando al mondo offline: cosa pensi possa cambiare nel comparto delle fiere e degli eventi in presenza al termine delle restrizioni pandemiche?


Potrebbero cambiare davvero tante cose, perché il Covid ha acceso tante lampadine nei pensieri delle aziende, ma credo tornerà quasi tutto come prima. Ora cerco di portare degli esempi concreti. Su questa cosa abbiamo affinato una webinar che pensiamo di proporre presto dal vivo dal titolo “Vendi l’appuntamento in fiera”. Troppe aziende partecipano a Vinitaly spendendo un mare di soldi senza avere una agenda di nuovi agganci, ma tenendo appuntamenti solo con clientela stabile: sicuramente è un buona idea per presentare a questi ultimi i prodotti della nuova annata, ma perde di vista l’acquisizione in maniera pro attiva di nuovi clienti. Parlando di questo aspetto con tante aziende mi sento dire che si torna a casa con una mare di biglietti da visita, ma poco di concreto. Credo che il sistema per fare Vinitaly o qualsiasi altra fiera in modo diverso ci sia già: fare i “compiti a casa” almeno sei mesi prima per scremare e intercettare target utilizzando la fiera per concretizzare questi contatti. Molte aziende partecipano a questi eventi solo per “non essere assenti”, “perché ci vanno anche gli altri”, “perché se manco qualcuno pensa ci siano delle difficoltà” perdendo di vista la chiave del business. In pochi pensano di sfruttare strumenti come i social, piattaforme per l’email marketing, sviluppare profili social professionali come Linkedin costruendo contatti prima di andare in fiera per arrivare all’evento con un portafoglio di nuovi appuntamenti ben definiti. Questo è quello che dovrebbe e potrebbe cambiare ma sono sicuro che per parecchie aziende molto rimarrà come prima. Sono purtroppo convinto che una volta passata la pandemia e quindi la necessità di pensare nuove strade tanti torneranno a fare ciò che facevano prima. Solo poche cantine, le più illuminate, hanno capito che fare le cose in una cera maniera alimenta il business. Chiudo con una citazione di Einstein alla quale sono molto legato: “E’ follia pensare di ottenere risultati diversi facendo sempre le stesse cose”.



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