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Vino, Tabernae e viandanti in Terradeiforti e dintorni

Questo volume, reperito grazie alla Biblioteca dell’Accademina roveretana degli Agiati di scienze, lettere ed arti, è un viaggio all’interno della Terra dei Forti, zona di grande vocazione vitivinicola, storia e tradizione.

Il testo si suddivide in tre parti: la prima curata da Bruno Andreolli, docente di storia medioevale presso l’università di Bologna originario della Terra dei Forti, la successiva sviluppata da Ettore Curi, membro e cancelliere dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona e la chiosa conclusiva affidata a Paolo Castelletti, ex presidente del Consorzio di Tutela Terradeiforti, attualmente segretario generale di Unione Italiana Vini.

Andreolli, in prima battuta, racconta il territorio in chiave storica, in particolare di come scambi commerciali, strutture politiche ed ecclesiastiche situate Terra dei Forti abbiano contribuito allo sviluppo di una viticoltura comune della parte veneta e trentina della deonimazione. Di come queste zone di transito, intese come vie di comunicazione verso i paesi del nord, abbiano ospitato viandanti e personalità del tempo, i quali nelle loro soste in tabernae (taverne), ville o dimore, hanno descritto le loro soste accennando spesso al lato enogastronomico. Intrigante la sosta a Borghetto - datata 1580 - dell’intellettuale di fama europea Michael Montaigne: scrittore, filosofo e politico francese. Tappa di soggiorno avvenuta nel corso del suo viaggio a Roma, nella quale racconta di aver mangiato lumache della Bassa Vallagarina e buon vino. Andreolli termina il suo scritto con una considerazione di assoluta modernità: guardare avanti per una rinnovata cultura del vino, frutto della valorizzazione del prodotto in simbiosi con sistema gastronomico e bene culturale.

Spetta invece al professor Ettore Curi narrare il percorso della vitivinicoltura veronese, da metodi grezzi ai grandi traguardi moderni, e di come questi sviluppi ad opera di importanti personaggi abbiano consentito di superare a cavallo di ‘800 e ‘900 l’attacco della fillossera e di altre malattie come oidio e peronospera. Curi ricorda inoltre la persona di Francesco Zantedeschi, scienziato nato a Dolcè nel 1797, professore di Scienze naturali in molti licei del nord Italia, ed in seguito – dal 1854 - professore di fisica presso l’Università di Padova. Un personaggio di spicco per la Terra dei Forti che contribuì alla stesura di una vera e propria classificazione ampelografica veronese così da poter consentire nel tempo lo studio e le modificazioni in relazione alle mutazioni climatiche: insomma una e vera e propria rivoluzione di pensiero per l’epoca di riferimento. Altra perte interessante dello scritto di Curi è il suo pensiero sull’origine del nome enantio partendo dal significato greco: alla parola enantio corrisponde il concetto di “doppia manifestazione”, “dalla parte opposta”, un concetto che il professore veronese – al termine di un accurato ragionamento – associa all’esistenza di due Labrusche (viti selvatiche, viti brusche), molto simili fra loro ma diverse. Una maschile non produttiva e una femminile, fertile: due viti "enantiomorfe", forse da qui il nome pensato da Plinio.

Infine Paolo Castelletti chiude a tutto tondo sull’enantio, le sue origini e le ricerche che ne hanno valso il titolo di autoctono di riferimento della Terra dei Forti. In conclusione l’ex presidente del consorzio di tutela lancia così il vitigno di pregio: “l’Enantio gioca un ruolo fondamentale, proprio perché rappresenta la diversità che ci permette di caratterizzare il nostro territorio, di comunicare un qualcosa di nuovo e di importante, di unico che nessuno ci può sottrarre”.

La pubblicazione edita dall’ex Consorzio Terra dei Forti, è impreziosita da immagini di territorio, documenti storici e vigneti: un prezioso saggio da custodire dedicato alla denominazione.

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