Al vertice della piramide della classificazione dei vini italiani vi sono i vini a Denominazione di Origine. Prodotti in zone delimitate, contraddistinti in linea generale da caratteristiche chimiche ed organolettiche ben precise: il tutto regolamentato da disciplinari relativi alle singole denominazioni. Tali trattati determinano le tipologie produttive, la resa di uva per ettaro, i vitigni consentiti, la gradazione, eventuali menzioni speciali ed altro ancora. A differenza di altre tipologie questi prodotti prima della messa in commercio sono sottoposti ad analisi chimiche ed organolettiche per verificarne una rispondenza alla tipologia dichiarata.
QUANTE SONO IN ITALIA?
COME GIUNGERE AD UNA NUOVA DOC e DOCG PER UN TERRITORIO?
Il riconoscimento di una nuova DOC è concesso a vini provenienti anche da altra denominazione già esistente oppure IGT da almeno cinque anni e che negli ultimi due anni sia stata rivendicata da almeno il 35% di viticoltori interessati e che rappresentino almeno il 35% della produzione dell’area interessata. Il riconoscimento in favore di vini non provenienti dalle predette zone è ammesso esclusivamente nell’ambito di regioni nelle quali non sono presenti IGT.
Il riconoscimento della DOCG è riservato ai vini già riconosciuti a DOC e a zone espressamente delimitate o tipologie di una DOC da almeno sette anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita, e che siano stati rivendicati, nell’ultimo biennio, da almeno il 51%, inteso come media, dei soggetti che conducono vigneti dichiarati allo schedario viticolo e che rappresentino almeno il 51% della superficie totale dichiarata allo schedario viticolo idonea alla rivendicazione della relativa denominazione. Nel caso di passaggio di tutta una denominazione da DOC a DOCG anche le sue zone caratteristiche o tipologie vengono riconosciute come DOCG, indipendentemente dalla data del loro riconoscimento.
DOCG e DOC rientrano nelle DOP?
Le DOCG e le DOC sono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall’Italia per designare i prodotti vitivinicoli DOP (Denominazioni di origine protetta). La Comunità Europea nel 2008 ha attuato un processo di riforma dell’intero comparto vitivinicolo. La riforma vede luce con il reg. n. 479 del 2008 che introduce alcune novità per quanto riguarda le norme di produzione e commercializzazione, l’etichettatura, la difesa e promozione delle denominazioni in ambito internazionale e l’introduzione di un sistema di controllo e tracciabilità che ogni stato membro può applicare in maniera autonoma sulle proprie denominazioni a ulteriore garanzia per il consumatore finale. Il progetto di riforma ha mirato anche a una semplificazione dell’assetto normativo, adottando norme più chiare e trasparenti ed equiparando la normativa vitivinicola a quella già esistente per gli altri prodotti agroalimentari di qualità D.O.P. e I.G.P.
Vengono previste quindi solamente 2 categorie di vini:
– Vini con indicazione geografica (D.O.P. e I.G.P.)
– Vini senza Indicazione geografica (Vini generici o con indicazione del solo vitigno)
Lo stato italiano ha comunque consentito l’utilizzo delle precedenti sigle che caratterizzavano i vini di qualità italiani (D.O.C.G., D.O.C. e I.G.T.) che possono essere inserite sia congiuntamente alle nuove che da sole. Quindi possiamo affermare che la sigla DOP raggruppa sia DOC e DOCG.
FONTE FOTO: Federdoc.com
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