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Un timorasso sotto l'albero

Ho conosciuto il vino di Alessandro Bressan nel corso di una manifestazione andata in scena a Desenzano nel 2016, denominata “Castello in Bianco” pensata da un gruppo di amici bresciani riuniti sotto il segno di un blog Vivabacco2.0.

Da quel giorno non ho più smesso di pensare che quel vino, il suo Derthona Timorasso fosse un vino ricco, in tutti i sensi: ricco di sentori, ricco di struttura, ricco di tradizione, ricco di passione e legami familiari, meritevole di essere raccontato con entusiasmo.


Da allora ho instaurato un filo conduttore con Alessandro: un legame fatto di amicizia e rispetto reciproco. Alimentato da passione per il mondo del vino, sete di conoscenza e curiosità.


Alessandro, uomo robusto, cortese, legato fortemente alla famiglia ed alla terra d’origine, coltiva circa 7 ettari nei dintorni di Volpeglino, piccolo comune della provincia di Alessandria situato sulla sinistra del basso corso del torrente Curone, nella zona comunemente conosciuta come “Colli Tortonesi”, patria del timorasso. Tre ettari sono piantati a barbera, due a timorasso, uno a croatina e i restanti appezzamenti a freisa, cortese e dolcetto.

La famiglia Bressan: al centro Alessandro e la madre a destra

In origine l’azienda di famiglia contava 2 ettari di proprietà, di questi due terzi occupati da alberi di pesco e un terzo piantato a vigneto, ed altri in affitto. Il padre si occupava oltre alla gestione diretta dei propri poderi anche della conduzione di ulteriori appezzamenti conto terzi e per i suoi investimenti in macchinari veniva considerato in zona un pioniere della meccanizzazione agricola. L’aspetto vinificazione invece era una pratica perlopiù ad uso familiare. Da questa tradizione Alessandro, dopo 23 anni di onorato servizio in azienda di altro settore, a seguito della scomparsa del padre decise di tornare alle origini, trasformando così l’attività di famiglia in azienda agricola vocata alla viticoltura. Nel 2010 intraprese questo percorso che vide lo sboccio del germoglio nel 2013 con la prima etichetta di Timorasso.


Oggi il suo è un lavoro meticoloso: dai sette ettari coltivati, con rese medie attorno ai 40-50 q/h produce soltanto 4500 bottiglie di rossi e 3000 bottiglie di timorasso, fra Derthona e il Cru Cloenice: nessuna eccedenza nei quantitativi, indice di estrema qualità.

I suoi vini seguono per la maggior parte una filosofia: vendemmia a piena maturazione al fine di ottenere uve più stabili, maggior grado zuccherino e di conseguenza tenore alcolico abbastanza importante. Vini di struttura considerevole in grado di sostare in cantina senza scalfire il proprio carattere. La sua presenza quotidiana in vigna prima e in cantina poi è l’unica ricetta per riuscire a seguire al meglio entrambi le fasi di lavoro.


Anche il vigneto è un concentrato di cultura della vite e tradizione. Recentemente ha messo a dimora alcune marze di antichi vitigni per preservare le origini ampelografiche dei suoi poderi.


Il nome del suo Cru di Timorasso – Cleonice – deriva dal nome dell’anziana signora che cedette il campo a suo padre. Tutti la conoscevano come Nice, ma dagli atti di cessione venne a galla il suo nome originiale, Cleonice: da qui la scelta dell’appellativo. E pensare che fin da piccoli il campo della signora Nice, o Cleonice, era lo stesso dove Alessandro e il fratello andavano in gioventù a raccogliere ldi nascosto e cigliegie.


Nella sua crescita imprenditoriale da vignaiolo indipendente - associato Fivi – Alessandro racconta “di avere imparato anche a fare mercato, sono uscito dal rito solitario della potatura e dalle esclusive pratiche enologiche, riservando del tempo per tornare a contatto con le persone, andare a seguire da vicino il ristoratore, al fine di instaurare rapporti veri, onesti. Il cliente deve percepire quello che c’è dietro ogni singola bottiglia: integrità morale, correttezza e tanta tanta passione. In una società che ha perso molti riferimenti e valori chiave questo è un aspetto di fondamentale importanza”.


TIMORASSO DERTHONA 2018


Le uve raccolte a piena maturazione sono sottoposte a pigio-diraspatura, pressatura soffice per iniziare la fase difermentazione a temperatura controllata dopo chiarifica. A seguito di alcuni travasi il vino contenuto in tank di acciaio è mantenuto in sospensione mediante l’utilizzo di agitatore in funzione ogni 15 giorni, fino all’estate successiva. Segue la fase di imbottigliamento con sosta ulteriore di almeno sei mesi in bottiglia prima della messa in commercio.


NOTE DI DEGUSTAZIONE


Avvicinare il calice dell’annata 2018 mi ha riportato con la mente alla degustazione della versione 2014 (LEGGI QUI). Molte le similitudini, con un tocco però di maggiore eleganza.


Il colore è giallo carico nel quale sembra di scorgere dei lampi di lucentezza incredibile. Il ventaglio olfattivo è contraddistinto da una netta nota di idrocarburi, accompagna un sentore di cedro fresco, poi erbe aromatiche. Emerge al naso anche un fiore bianco con grande delicatezza. Al sorso invece è succoso, nettare d’uva. Denso, strutturato e dotato di fascino che ammalia la bocca. La decisa nota sapida prolungata sembra fatta apposta per tenere a bada il tenore alcolico significante.


Abbinamento ideale: pollo al curry con riso e verdure











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